“I femminicidi non sono abbastanza? Cambiamo il significato della parola!”

“Il termine femminicidio non si esaurisce nel definire la morte fisica, anche perché in Itali le vite perse per questa ragione riguardano un numero di donne che oscilla approssimativamente tra 100 e 130 all’anno, che sul piano strettamente umano sono tutte di troppo, ma rappresentano un fenomeno limitato dal punto di vista statistico, almeno rispetto ad altre classificazioni di perdita.

Per fare un esempio: il fatto che gli incidenti stradali in Italia uccidano ogni anno oltre 3000 persone e ne feriscano circa 250.000 fa si che l’insicurezza stradale venga percepita come un problema collettivo e si mettano in atto specifiche azioni preventive e sanzionatorie per ridurne la portata. Invece il numero relativamente ridotto delle morti dirette per femminicidio – oltre a essere frutto di un calcolo approssimativo dovuto all’assenza di uno specifico osservatorio del fenomeno – genera un allarme sociale che può sembrare ingannevolmente acuto in prossimità di fatti di cronaca particolarmente efferati, ma che nella quotidianità è invece quasi inesistente. Il numero di morte per femminicidio è infatti 40 volte più basso persino della soglia necessaria per definire una qualunque malattia rara.”

Dopo queste considerazioni, Michela Murgia propone semplicemente di cambiare il significato della parola “femminicidio”.

Insomma, visto che in Italia non si ammazzano abbastanza donne da giustificare l’allarme sociale da lei invocato , la soluzione consisterebbe nello stravolgere il significato del termine “femminicidio”, in modo da includere qualsiasi forma di oppressione delle donne.

Ora, se non ci possono essere dubbi sul fatto che le donne siano ancora largamente oppresse, non ci possono essere nemmeno dubbi–non li ha nemmeno lei, Murgia–sul fatto che il femminicidio sia un fenomeno marginale, meno marginale del fenomeno opposto, cioé delle donne che ammazzano i loro compagni, ma marginale.

A cosa servirebbe la truffa semantica proposta dalla nota scrittrice italiana?

Io non sono mai entrato nella sua testa e mi limito a dire che un simile imbroglio servirebbe soltanto a creare ancora piú confusione di quanto non facciano i falsi allarmi sulla falsa “emergenza femminicidi”.

Ricordiamo: “Il numero di morte per femminicidio è infatti 40 volte più basso persino della soglia necessaria per definire una qualunque malattia rara.”

A chi serve confondere l’oppressione delle donne (reale e diffusa) con un fenomeno sporadico (120 casi su sessanta milioni di abitanti)?

Non credo che serva alle donne.

Serve sicuramente ai due giornali che piú diffondono l’allarme sul femminicidio: Corriere della Sera e La Repubblica.

Forse serve a Michela Murgia ma questo solo lei puó saperlo,.

Leave a comment