Era l’inverno del 1972.
Avevo venti anni ed ero da pochi mesi ad Amsterdam.
Lavoravo, quando ne trovavo, per le agenzie interinali.
Il primo lavoro l’avevo trovato in una fabbrica di cioccolato, appena fuori Amsterdam.
Mi hanno licenziato perché avevo organizzato uno sciopero e mandato affanculo il caporeparto.
E vabbé…
Poi avevo trovato un’altro lavoretto nella fabbrica in cui si confezionavano i prodotti di una catena di supermercati.
Tre giorni e due a casa.
Due giorni e tre a casa.
Avevo giusto i soldi per mangiare qualcosa.
Poi è arrivato Natale e hanno chiuso le fabbriche.
I soldi erano finiti quasi tutti, ma l’agenzia interinale ci ha dato il pacco natalizio.
E il pacco conteneva prodotti della catena di supermercati per cui lavoravo.
C’era anche il pollo, nel pacco: crudo.
Ma c’era un problema: io abitavo in una soffitta senza cucina.
Nell soffitta c’era soltanto un lavandino in cui lavarti e pisciare.
Vi risparmio il resto.
Per il resto andavo in un bar, nella Damstraat.
Mi prendevo un caffé e poi…
In quei giorni attaccavo bottone con un altro avventore e portavo il discorso sui polli.
E poi concludevo: “Sai, io ho un pollo e so anche cucinare…”
Niente da fare, il pollo da me non lo voleva nessuno.
I giorni passavano e quando tornavo alla mia soffitta mi prendevo il pollo in grembo, gli parlavo, lo accarezzavo, gli sorridevo.
Alla fine l’ho regalato, senza avere il coraggio di chiederne un pezzetto.
Morale: un pollo crudo nella vita non basta!
Così è per l’inglese.
Tutti a dire oggi che bisogna imparare l’inglese: se impari l’inglese ti si aprono le porte del mondo del lavoro.
Scemenze, ovviamente.
Leggetevi quello che ha scritto Andrea Maccis: https://bolognesu.wordpress.com/2014/02/09/e-se-il-futuro-sbocciasse-gia-appassito-parte-2-de-andria-maccis/
Io questo discorso lo voglio ripetere, ma terra terra.
Io, dopo essere tornato a Iglesias, sono stato per anni uno dei pochissimi abitanti del ridente centro minerario che parlava l’inglese.
Ero perito chimico e parlavo l’inglese fluentemente.
Ah, il Olanda avevo anche fatto esperienza come analista microbiologico, in un’industria alimentare.
Il mio inglese, come il pollo, non mi serviva a nulla, visto che non c’erano le condizioni per poterlo usare.
Ovviamente, sono finito a fare il manovale nell’edilizia, prima, e per il comune, poi.
Più che l’inglese, per trovare un lavoro adeguato, occorreva la tessera di uno dei partiti giusti e io non so come, ma sono sempre stato un po’ allergico ai partiti “giusti”.
Non è che l’inglese non mi sia servito proprio a niente: mi sono letto “The Lord of the Ring” e tutto Hemingway in originale e tante altre cose.
E quando qualche turista finiva per sbaglio ai giardini pubblici di Iglesias, potevo stupirlo.
L’inglese mi è servito poi, quando sono tornato il Olanda per studiare linguistica.
Mi è servito come strumento indispensabile per poter studiare linguistica a quel livello.
L’inglese, in sé, non mi è mai servito a niente.
Così come abbandonare il sardo per l’italiano non è servito a niente, se non ad alienare i Sardi.
La lingua non serve a niente, se non hai niente da dire a chi ti ascolta.