E se il sardo standard fosse il tuo sardo?
Poche cose appassionano e spaventano come la lingua.
La lingua è lo strumento principale della comunicazione ed è anche quello che ci espone immediatamente al giudizio degli altri.
“Oddío cosa penserà di me? Mi è scappata una parola sbagliata!”
Tutti—che lo vogliamo o meno—giudichiamo e veniamo giudicati sulla base del modo in cui parliamo o sentiamo gli altri parlare. Non credo che questa cosa si possa cambiare.
Parlare è come indossare dei vestiti, è un modo molto efficace di presentarsi agli altri: infatti parliamo in modo diverso in situazioni diverse, spesso usando lingue diverse. In Sardegna, per esempio, esiste la bizzarra convenzione/convinzione che non sia educato rivolgersi in sardo agli sconosciuti, soprattutto se donne (si veda il mio libro: “Le identità linguistiche dei Sardi”).
Questo ha portato i Sardi, che pure dichiarano di parlare la loro lingua nazionale nel 68% dei casi, a usare il sardo in situazione sempre più controllate e con interlocutori sempre più intimi. In pratica il sardo è diventata la lingua dell’amicizia, della confidenza e della solidarietà.
Ed essendo diventato lingua della confidenza, è quindi diventato “maleducato” usarlo con degli interlocutori sconosciuti, soprattutto se donne.
Il classico circolo vizioso che si autoalimenta.
Questa situazione ha delle conseguenze estremamente negative.
Il sardo è diventato sempre meno funzionale: serve in un numero di situazioni sempre più piccolo.
Il sardo non viene più usato con parlanti di dialetti diversi dal nostro, cosa che ha comportato la diffusione dell’idea che i dialetti del sardo non siano mutualmente comprensibili.
Insomma, un Iglesiente e un Pattadese, se parlassero in sardo, non si capirebbero a vicenda.
Fesseria colossale: basta provare per scoprire che ci si capisce perfettamente, dopo averci fatto un po’ l’orecchio.
Ma una fesseria diffusa e alimentata anche dei media sardignoli e da buona parte dei linguisti delle università italiane di Sardegna.
Non voglio polemizzare, quindi non faccio nomi.
Questo è davvero l’unico modo per evitare di polemizzare contro il mare di bugie e fesserie che sono state dette e scritte.
Del resto basta guardarsi in giro per la rete: ormai tanta gente scrive in sardo e quasi nessuno scrive in un sardo almeno un po’ normalizzato.
Eppure quei testi sono perfettamente comprensibili.
Del resto non c’è da stupirsi: il lessico dei vari dialetti sardi coincide per oltre il 90% (https://bolognesu.wordpress.com/2014/05/04/la-malafede-di-chi-non-vuole-nessuno-standard/) e così anche la morfosintassi, si, insomma, la grammatica (https://bolognesu.wordpress.com/2012/03/05/is-datos-de-su-cuntatu-linguisticu-intra-de-italianu-e-sardu/).
Vero che a volte bisogna cercarsi una parola.
E allora?
Quello che cambia tra i dialetti sardi è soprattutto la pronuncia e cambia in modo largamente prevedibile.
Questo comporta che, quando uno conosce bene il proprio dialetto, ci mette pochi minuti ad abituarsi al modo in cui cambia il dialetto del suo interlocutore.
Tornando alla frase iniziale: si può standardizzare il sardo?
Domanda mal posta: nel lessico e nella grammatica il sardo si è già standardizzato da sé.
Vogliamo standardizzare anche il rimanente 10% scarso?
Dipende tutto da quello che vogliamo raggiungere.
Se vogliamo creare una situazione in cui un parlante normale del sardo abbia paura di aprire bocca, per paura di sbagliarsi, e si rifugi piuttosto nell’italiano, questa è assolutamente la strada da seguire.
Sarebbe la strada più breve per mettere fine all’agonia della lingua sarda.
Oltretutto, chi mai potrebbe stabilire quale delle due o, spesso, più forme in concorrenza (es.: “castiai” e “abbaidare”) è quella “giusta”?
Solo un folle potrebbe avere questa pretesa.
Peggio che mai se si volesse standardizzare la pronuncia.
Quale dovrebbe essere la pronuncia “giusta”?
Allora quale dovrebbe essere il sardo standard?
Il vostro ovviamente!
E il mio, altrettanto ovviamente.
L’unica cosa che ci occorre è un modo unitario di scrivere le pronunce differenti di questa lingua già fondamentalmente unitaria.
La LSC è un passo avanti importante in questa direzione, ma non soddisfa molto i parlanti del sardo meridionale.
Ecco perché ho proposto di emendarla.
Gli emendamenti sono presentati qui:
Emendamenti alla LIMBA SARDA COMUNA (1)
e qui: https://bolognesu.wordpress.com/2014/06/22/emendamenti-alla-limba-sarda-comuna-2/
Allora, in questo modo il sardo standard corrisponderebbe al dialetto di ciascuno di noi. Ciascuno di noi—purché conosca bene il proprio dialetto—parlerebbe il sardo in modo corretto e appropriato. Nessuno avrebbe il diritto di giudicarlo, se non, forse, un parlante del suo stesso dialetto.
Tutto quello che dovrebbe fare è imparare a leggere e—eventualmente—a scrivere il sardo, ma per quello esiste già un correttore automatico, da emendare, ovviamente, ma esiste.
Eccoci qua, allora, con uno standard che accontenterebbe tutti i parlanti del sardo.
Così si finirebbe finalmente con questa guerra tra sardi per stabilire che il “mio è più bello/lungo del tuo”.
Insomma, i Sardi potrebbero finalmente smettere di misurarsi la cicciolina linguistica a vicenda.
Avremmo tutti da guadagnarci.