I licheni sono il risultato della simbiosi tra un’alga e una muffa.
Il Prof. Giovanni Lupinu è incorreggibile. Continua a fare politica spacciandola per linguistica e continua pure ad accusare i politici di fare indebitamente politica linguistica.
Ma già, la logica non è il suo forte, né del resto il nostro filologo ha bisogno di porsi il problema, visto che lo pagano appunto per fare quello che fa: politica linguistica antisarda.
Quello che mi sorprende è l’appoggio confuso che l’On. Maninchedda da al collega filologo, riesumando un penoso articolo di tre anni fa e traendone conclusioni che non c’entrano proprio nulla con quello che dice Lupinu.
L’articolo, riemerso dall’oltretomba della dialettologia statalista, lo potete leggere cliccando sul link (articolo).
In quest’articolo Giovanni Lupinu sostiene una tesi apparentemente condivisibile, al punto che anche io la condivido (Chi deve insegnare il sardo ): l’alta percentuale di Sardi che dichiarano di parlare una variate locale non deve farci illudere sulla loro reale competenza attiva della lingua. E io queste cose le ho dette ben prima di Lupinu (Sardegna fra tante lingue): la situazione di bilinguismo diffuso prevede l’esistenza di forti interferenze dall’italiano sul sardo parlato dai giovani, soprattutto in una situazione in cui la trasmissione generazionale si è quasi interrotta e i giovani sardi apprendolo la loro lingua dal gruppo dei pari.
Devo anche ammettere, però, che studi indipendenti smentiscono l’esistenza di una pesante interferenza dell’italiano sul sardo (RINDLER SCHJERVE, R. (1998) “Codeswitching as an indicator for language shift? – Evidence from Sardinian-Italian bilingualism”, in JACOBSON, R. (ed.), Codeswitching Worldwide. Trends in Linguistics. Studies and Monographs 106, Mouton de Gruyter, Berlin-New York, 221-247). In questo studio, la sociolinguista austriaca Rosita RINDLER SCHJERVE smentisce le aspettative mie e di Lupinu.
Se Lupinu non è soddisfatto di queste conclusioni, avrebbe soltanto da effettuare una sua ricerca per verificare sia i propri dubbi che la ricerca di Rosita RINDLER SCHJERVE.
Se poi Lupinu si riferisce al fatto che gli intervistati dichiarano di usare il sardo in pochissime occasioni, questo ovviamente non è un argomento rilevante. L’uso pubblico del sardo è ancora largamente stigmatizzato, ma questo non necessariamente pregiudica la competenza linguistica generale dei suoi parlanti. Faccio un’esempio concreto e personale: io non parlo praticamente più l’italiano. Mi esprimo quasi esclusivamente in olandese, sardo e, talvolta, inglese, ma vorrei vedere chi potrebbe mettere in discussione la mia competenza della lingua di Maninchedda e Lupinu.
Ma quello che rode al Prof. Lupinu non è questo quesito scientifico sulla reale competenza dei parlanti del sardo, altrimenti–ripeto–avrebbe soltanto da andare a verificare come realmente stanno le cose. Nella scienza le analisi si confutano con i dati.
Al professor Lupinu preme invece dimostrare che gli informatori, intervistati per la ricerca sociolinguistica coordinata dalla Prof. Emerita Anna Oppo, non abbiano detto la verità sul numero altissimo di parlanti del sardo ancora esistenti. Gli intervistati avrebbero mentito, influenzati dalle manovre politiche di Renato Soru: ” Oltre alla scarsa tempestività del provvedimento [l’introduzione della LSC] che, palesando in modo tanto esibito la volontà del massimo organo di governo regionale di intervenire a favore della promozione della lingua sarda, interferiva non poco con una ricerca in corso (per la quale si era stanziata un’ingente somma di denaro pubblico), occorre rilevare che, laddove si era pianificata un’indagine anche per apprendere il parere dei sardi riguardo a importanti scelte di politica linguistica, tali scelte si effettuavano senza attendere di acquisire quegli elementi di conoscenza che in un primo tempo si erano giudicati propedeutici rispetto a ogni intervento. Circa questi aspetti, intimamente connessi, relativi, per un verso, al modo in cui la deliberazione 16/14 del 18 aprile 2006 (Limba Sarda Comuna. Adozione delle norme di riferimento a carattere sperimentale per la lingua scritta in uscita dell’Amministrazione regionale) possa avere interferito con la ricerca in corso e, per altro verso, alla mancata attenzione rivolta ai dati della ricerca sociolinguistica commissionata ad hoc, si consideri paradigmaticamente il seguente fatto: nel momento in cui questo provvedimento veniva assunto, certificando la volontà dell’amministrazione regionale di creare «una “lingua bandiera”, uno strumento per potenziare la nostra identità collettiva», i ricercatori delle Università isolane domandavano agli intervistati se fossero favorevoli all’impiego, da parte di tale amministrazione per la pubblicazione dei propri documenti, di «una forma scritta unica del sardo». È importante sottolineare questa circostanza, anche per comprendere la paradossale ricerca di legittimazione a posteriori – talora attuata pure invocando il sostegno di traballanti argomentazioni “scientifiche”, messe in campo all’uopo –che le autorità politiche hanno condotto in rapporto ai dati dell’indagine Le lingue dei sardi, una volta che questi sono stati resi noti: quasi reclamando il merito di aver divinato, e dunque anticipato, la volontà degli intervistati.”
Si prega di notare l’assurdità del rimprovero mosso all’amministrazione regionale. Lupinu le rimprovera di aver condotto un’operazione politica a favore del sardo, influenzando forse in questo modo l’opinione del pubblico e quindi anche degli intervistati!
Ve l’immaginate un’istituto di sondaggi elettorali che accusa le parti politiche di prendere dei provvedimenti che influenzano i risultati del sondaggio?
Farei un torto al Prof. Lupinu, se lo accusassi a mia volta di ingenuità.: una tale ingenuità richiederebbe un I.Q. adeguatamente inadeguato alla sua professione.
Passiamo invece all’accusa dela ” paradossale ricerca di legittimazione a posteriori “: a cosa si riferisce Lupinu in questa arringa tendenziosa?
Tenete conto che Lupinu lancia il suo j’accuse su una rivista scientifica e parla di ” traballanti argomentazioni “scientifiche”, messe in campo all’uopo”: a chi sono rivolte le accuse? Come si può verificare se le accuse di Lupinu sono fondate?
Penso che soltanto in Italia sia possibile pubblicare su una rivista di linguistica una roba del genere. E questo la dice lunga sulla commistione tra politica e linguistica in Italia.
Io un’idea sul bersaglio di queste accuse ce l’avrei anche, visto che l’unico studio sul rapporto strutturale tra LSC e le varietà tradizionali del sardo l’ho scritto io, in collaborazione con Wilbert Heeringa, del Meertens Intituut di Amsterdam.
E allora, mi limito a sfidare nuovamente il Prof. Giovanni Lupinu a verificare con una controricerca i risultati del mio studio. So già quello che succederà: niente!
Infatti l’ho già invitato a suo tempo, (articolo dell’8 maggio) prevenendo la prevedibile perfidia tendenziosa tipica di chi sa di guadagnarsi lo stipendio con la politica e non con la scienza.
E adesso invito anche l’On. Maninchedda, sottoscrittore di questa esibizione di miseria umana e professionale, a mettere in discussione l’affidabilità della mia ricerca: del resto, essendo anche lui un filologo, dovrebbe avere a disposizione gli strumenti culturali e intellettuali per farlo.
Carissimi vi attendo!
Tutto quello che dico può essere verificato da qualsiasi persona di cultura media.
Vale lo stesso per quello che dice Giovanni Lupinu?
Ai miei amici e agli amici dell’On. Maninchedda faccio notare comunque che l’Onorevole ha sottoscritto anche la seguente affermazione di Giovanni Professor Lupinu: “una percentuale del 40,7% si è invece detta del tutto favorevole all’utilizzo di essa, al posto dell’italiano, per approfondire la conoscenza della storia e della cultura locale (dunque utilizzo del dialetto come lingua veicolare, ma solo per trattare temi che a esso appaiono più connaturati); pochi (percentuali abbondantemente sotto il 10%) si sono detti invece del tutto favorevoli a impiegare la parlata locale e non l’italiano come lingua veicolare per lo studio di alcune o di molte materie curricolari. Come si vede molto chiaramente, il favore all’impiego a scuola è subordinato al mantenimento di una rassicurante posizione di secondo piano nei confronti della lingua nazionale [l’enfasi è mia, RB], ciò che rivela, indirettamente, un’accettazione degli attuali rapporti di forza fra i codici: rispetto alle numerose opinioni positive raccolte circa la necessità di una valorizzazione e una promozione adeguate delle parlate locali, e rispetto anche alle generiche e velleitarie affermazioni per le quali tali parlate non sono povere e inutili per la vita di oggi, emerge un atteggiamento di fondo che ha ben maggiore efficacia esplicativa nei confronti dell’attuale situazione sociolinguistica della Sardegna.
Definire l’italiano “lingua nazionale” significa prendere delle posizioni politiche chiarissime.
Giovanni Lupinu fa politica travestita da linguistica.
Paolo Maninchedda la sottoscrive.