Archive for February, 2012

February 29, 2012

Chi possiede solo un martello, vede chiodi dappertutto!

Non prendiamoci in giro!

È ora di ammettere che il dibattito sulla limba è stato impostato e condotto per tutti questri anni sulla base di un’ignoranza colossale della linguistica moderna.

Chi come strumento di analisi ha soltanto dei testi antichi da cui ricavare un possibile percorso di mutamento verso le forme attuali delle parole, ha una visione estremamente limitata dei problemi. Di solito si limita a constatare che un cambiamento è avvenuto: non è che possa fare molto di più.

Inoltre alla scarsa comprensione dei mutamenti fonetici–tanto solo di quello si occupano–uniscono anche una totale ignoranza della sintassi del sardo.

La sintassi, assieme alla morfologia, costituisce la spina dorsale di una lingua.

La sintassi è anche la cosa più difficile da apprendere in una lingua seconda.

L’ordine delle parole è spesso molto meno evidente che non is suoni che compongono le parole.

Finora tutto il dibattito sulla limba è stato condotto come se il sardo consistesse soltanto di suoni e parole: la visione che gli ignoranti hanno della lingua!

E gli oppositori dell’unificazione grafica del sardo hanno giocato tutte le loro carte sulle differenze tra i suoni delle parole di dialetti diversi.

Io da anni cerco di spiegare quali sono i meccanismi che portano ai mutamenti fonetico-fonologici, ma adesso voglio anche farvi vedere quale e quanta è unitarietà del sardo a livello grammaticale.

Mi son preso la “Sintassi della lingua sarda” di Mike Jones–che io ho tradotto–e mi sono messo a cercare quei fenomei del sardo che non esistono in italiano e sono condivisi o meno dai vari dialetti sardi. Sono a metà della mia ricerca e vi propongo il primo risultato.

Spero anche che vorrete commentare e fornirmi dei dati sui vostri dialetti.

……………………………………………………………………………………………………………………………………………..

La morfosintassi del sardo

Come già affermato, la sintassi della frase è quasi totalmente omogenea in tutte le varietà del sardo. E questo malgrado il sardo presenti tutta una serie di fenomeni sintattici che gli sono esclusivi. In questo capitolo saranno presentati quei fenomeni del sardo che non trovano riscontro nell’italiano e che quindi costituiscono un elemento distintivo della grammatica sarda.

Molti di questi fenomeni sono presenti come interferenze anche nell’Italiano Regionale di Sardegna (IRS). Per catalogarli, si è fatto ricorso al libro di Michael Allan Jones “Sintassi della lingua sarda” (Jones, 1993, 2003, Condaghes, http://www.condaghes.it/scheda.asp?id=978-88-7356-029-6&ver=sa), il quale costituisce l’unica estesa descrizione della sintassi della frase in sardo, confrontando le descrizioni di Jones, le quali sono basate sul sardo parlato a Lula, con le mie intuizioni di parlante nativo del sardo di Iglesias. Per ricevere conferme su miei eventuali dubbi ho anche condotto delle inchieste su Facebook tra i parlanti di diverse varietà del sardo.

I fenomeni, dato l’obiettivo non specialistico di questa descrizione della sintassi, sono presentati in modo non sistematico, seguendo l’ordine in cui sono stati incontrati in Jones (2003).

  1. Anticipazione:

es. Cussu libbru apo lessu/Cussu libbru apu ligiu.                              Jones (2003:18).

Questo fenomeno, presente anche nell’IRS (es.: Capitto mi hai?), viene chiamato “confinamento a sinistra” in Jones (2003) e comporta lo spostamento alla prima posizione della frase della sintagma tropicalizzato, cioè dell’argomento principale della frase.

  1. 2.      Non + de:

es. Non de abba, abbardente est.                                                        Jones (2003:22)

Questo fenomeno è assente dal sardo di Iglesias (Facebook?)

  1. 3.      Ca/chi emmo/nono:

es.: T’apo natu ca/chi emmo/nono                                                     Jones (2003:22)

Il fenomeno è presente anche nel sardo meridionale (es.: T’apu nau ca eja/nou)

  1. 4.      Particella interrogativa “a”:

es.: A cheres venner a domo mea?                                                    Jones (2003:23)

Il fenomeno è assente dal sardo di Iglesias (Facebook?)

  1. 5.      Uso della preposizione “a” di fronte all’avverbio “inoche”:

es: Veni a inoche!/Beni a innoi                                                                     Jones (2003:28)

Il fenomeno si ritrova identico nel sardo meridionale.

  1. 6.      Ancu + congiuntivo:

es: Ancu ti falet unu lampu!/Ancu ti calit arrori!                                           Jones (2003:29)

Quest’uso di “ancu”è identico nel sardo meridionale.

  1. 7.      Ite + chi:

es: Ite bellu chi ses!/Ita bellu chi ses                                                  Jones (2003:29)

Questo fenomeno è presente nel sardo meridionale e nell’IRS (es.: Che bello che sei!)

  1. 8.      Clitici preposti all’imperativo negato:

es.:  Non  mi lu nies/Non mi ddu nergias                                           Jones (2003:30)

Questa posizione dei pronomi clitici si ritrova sia nel sardo meridionale che nell’IRS (ma piuttosto nell’italiano degli incolti: es: Non me lo dire!)

  1. 9.      Infinito con soggetto:

es.:  Cheljo a la tratare bene issu!/Bollu a dda tratai beni issu!                      Jones (2003:32)

Questa posizione dei pronomi clitici si ritrova sia nel sardo meridionale che nell’IRS (es.: Voglio a trattarla bene!). Il fenomeno è presente in tutte le varietà anche come esortazione:

es.: A la tratare bene!/ A dda tratai beni!

  1. 10.  Singolare collettivo:

es: Tunca, chi non intret sa musca/Serra, chi non intrit su musca      Jones (2003:30)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 11.  Uso di nudda come determinatore:

es.: Non apo vistu nudda gente/Non apu biu nudda genti                              Jones (2003:38)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 12.  Numerali ordinali perifrastici:

es.: Sa de duas feminas                                                                           Jones (2003:42)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 13.  Postposizione dei possessivi:

es. frade meu/fradi miu                                                                                 Jones (2003:52)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 14.  Assenza dell’articolo di fronte al titolo:

es.: Sennora Medda est cun Dutore Pinna a ch’est  Professor Lai                  Jones (2003:58)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 15.  Assenza dell’articolo con chene:

es.: andamus chene machina                                                             Jones (2003:60)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 16.  Assenza dell’articolo con un nome che denota una professione:

es.: Marieddu est pastore                                                                   Jones (2003:61)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e nell’IRS.

  1. 17.  Assenza di articolo con aggettivi di tipo valutativo

Es.: Ti credío pitzinneddu bravu/Ti criemu piciocheddu bravu                     Jones (2003:61)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 18.  Particella affermativa ja/ge:

es.: Ma, dotoressa, ja lu ses!/Ma dotoressa ge ddu ses!                                  Jones (2003:64)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e nell IRS (es.: Ma dottoressa gia lo sei!)

  1. 19.  Postposizione dei determinatori pacu/meta:

es. Juanne at bitu binu meta/pacu./Giuanni at bufau binu meda/pagu           Jones (2003:65)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 20.  Accusativo preposizionale:

es.: Apo vistu a Juanne/Apu biu a Giuanni.                                       Jones (2003:68)

Il fenomeno si ritrova nei dialetti meridionali e nell’IRS, ma con la differenza che nei dialetti meridionali l’accusativo preposizionale si trova davanti a nomi che denotano esseri umani, anche quando questi sono preceduti dall’articolo o un altro determinatore (es.: Apu biu a su fradi de Giuanni). Il fenomeno dell’accusativo preposizionale è presente anche nello spagnolo (es.: quiero a mi hermana.)

  1. 21.  Sintagmi nominali privi di testa (nome):

es.: Cudda machina est prus manna de sa de Juanne.                                    Jones (2003:72)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 22.  Estraposizione del sostativo testa:

es.: presta-mi sa tua de pinna.                                                            Jones (2003:80)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e nell’IRS (es.: Prestami la tua di penna.)

  1. 23.  Aspetto progressivo del verbo:

es.: Non ti so cumprendende./Non ti seu cumprendendi.                              Jones (2003:88)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e si distingue dall’italiano, perché indica una situazione effettiva (piuttosto che tipica o abituale).

  1. 24.  Aspetto perfettivo del verbo esclusivamente perifrastico:

es.: Juanne est andatu a Núgoro                                                                    Jones (2003:89)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e nell’IRS. Il passato remoto è attestato sporadicamente in alcuni dialetti del sardo.

  1. 25.  Futuro perifrastico:

es.: Ant a tundere sas berbeches cras./Ant a tundi is brebeis cras.     Jones (2003:94)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 26.  Imperfetto usato come condizionale:

es.: T’apo natu chi rughías./T’apu nau ca arruíast.                             Jones (2003:96)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e nell’IRS.

  1. 27.  Condizionale perifrastico:

es.: Ischío chi dias rúghere./Ddu sciemu ca iast a arrui.                                 Jones (2003:97)

Il fenomeno si ritrova praticamente identico nei dialetti meridionali. L’unica differenza consiste nel fatto che l’ausiliare meridionale è ai, mentre quello di Lula è dévere. Una differenza lessicale, quindi, e non sintattica.

  1. 28.  Uso transitivo del verbo faeddare/telefonare, ecc.

es.: Los apo freddatos./Ddus apu fueddaus.                                      Jones (2003:102)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e, sporadicamente, nell’IRS.

  1. 29.  Uso dell’ausiliare avere con il verbo proere:

es.: At proitu meta eris./At propiu meda ariseru.                                           Jones (2003:106)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e, sporadicamente, nell’IRS.

  1. 30.  Uso riflessivo di verbi intransitivi:

es.: Tziu Berte si nch’est mortu eris./Tziu Berte si nc’est mortu ariseru.        Jones (2003:127)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 31.  Postposizione dell’avverbio che modifica l’aggettivo:

es: bella meda.

Il fenomeno è generale per le diverse varietà del sardo, ma sembra conoscere la possibilità di invertire l’ordine dell’aggettivo e dell’avverbio nei dialetti bittesi-baroniesi (es.:  meta bella: Jones (2003:48)

  1. 32.  Limitazione delle frasi passive ai registri colti:

es.: A Juanne l’ant mortu/A Giuanni dd’ant mortu                            Jones (2003:130)

In tutte le varietà del sardo frasi come “Juanne est istatu mortu/Giuanni est stetiu mortu” vengono giudicata come non accettabili e si preferiscono costruzioni impersonali come quelle degli esempi in (32). Queste costruzioni si incontrano anche nell’IRS. Ciononostante, costruzioni passive si trovano regolarmente in testi scritti e altamente formali.

  1. 33.  Uso di chérrere/bolli con funzione passivizzante:

es.: Custas fainas cherent/bolint fatas.                                                          Jones (2003:129)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e nell’IRS.

  1. 34.  Uso del participio passato/infinito con chene:

es. Cussa camisa est chene lavata/sciacuai.                                                         Jones (2003:130)

In questa costruzione passiva, nei dialetti centro-settentronaali del sardo il participio passato segue la parola chene, mentre nei dialetti meridionali  è l’infinito del verbo. A Ovodda sono presenti entrambe le forme.

  1. 35.  Uso del gerundio come participio presente:

es: Su vinu si biet mandicande./Su binu si bufat papendi.                 Jones (2003:132)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e nell’IRS.

  1. 36.  Uso dell’ausiliare áere nelle frasi riflessive:

es.: Tonina s’at fertu s’anca/ sa camba.                                                         Jones (2003:136)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e nell’IRS. Il fenomeno è limitato alle costruzioni che denotano un “possesso inalienabile”, secondo Jones, ma potrebbe essere esteso anche ad altre costruzioni (es. Mi nci apu papau su pani.).

  1. 37.  Combinazione dell’aspetto perfettivo e progressivo dei verbi:

es.: So istatu travallande./Seu stetiu trabballendi.                               Jones (2003:144)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e nell’IRS.

  1. 38.  I clitici precedono sempre il verbo modale:

es.: Juanne lu cheret fáchere./Giuanni ddu bolit fai.                          Jones (2003:146)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali e nell’IRS. In tutte le varietà del sardo una frase come “*Juanne cheret fácher-lu” è impossibile.

  1. 39.  Uso di torrare nel senso di ripetizione di un’azione:

es. Torro a léghere cussu libbru./Torru a ligi cussu libbru.                 Jones (2003:156)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 40.  Uso di prus pacu/pagu:

es. Oje apo travallatu prus pacu./Oi apu trabballau prus pagu.                      Jones (2003:179)

Il fenomeno si ritrova identico nei dialetti meridionali.

  1. 41.  Rarità degli avverbi che finiscono in –ente:

Jones riporta gli avverbi mestamente e massimamente, con significato praticamente identico. Mentre di massimamente si può tranquillamente affermare che si tratta di un italianismo, la cosa è più difficile da credere per mescamente, visto che quest’avverbio è assente dall’italiano. Comunque a Ovodda la forma è conosciuta come mesches, mentre è assente sia dai dialetti meridionali che dal sardo di Pattada. È interessante vedere che a Lodè, confinante con Lula, esistono le forme mescas (specialmente) e mescamente (soprattutto). In ogni caso, anche a Lodè non si riportano altri casi di avverbi che finiscono in –mente. Tutte le varietà del sardo, conoscono varie forme per rendere il significato che in italiano hanno gli avverbi in –mente.

es.: Luchía curret prus cuitande de María./Luxía currit prus acoitendi de María.  Jones (2003:180)

es.: Luxía currit prus a lestru de María.

February 28, 2012

Un’arregordu de Tziu Giuanni Lilliu, de Pepe Corongiu

Tziu Giuanni: un’òmine mannu mannu chi pariat minore

de Pepe Coròngiu

 

Giuanni Lilliu, “tziu” Giuanni Lilliu, fiat un’òmine mannu mannu chi pariat minore.

Unu Babbai, unu de cuddos betzos chi in sas biddas nostras ti lu dias semper cussigiare in antis de comintzare fainas e lu dias semper a iscurtare contende sos contos de sos antepassados. E cussu at fatu tziu Giuanni totu sa vida: nos at contadu sos contos de comente fiamus in cust’ìsula cando s’istòria furriaiat a alenos prus deghiles. Ma at fatu àteru meda pro nois chi l’amus iscurtadu e sighidu cun umilidade. Nos at inditadu, ca fiat intelletuale sàbiu, su caminu pretzisu chi una classe dirigente abbista diat àere dèpidu fàghere pro torrare a sa Sardigna su chi, issu naraiat, l’aiat prenetadu pro semper in antigòriu un’oràculu gregu: sa libertade.

Cussa libertade chi como nos mancat.

Ma tziu Giuanni non si fiat firmadu a sos contos de su bidditzolu, ne aiat seberadu sa carrera prus fàtzile pro bìvere s’esperièntzia sua in custa terra. Issu, de sardu, teniat in conca su mundu e a su mundu, naraiat, sa Sardigna depiat torrare contos. No a s’Itàlia ebbia, a su mundu.  Pro tziu Giuanni, nessi cussu chi apo connotu deo che a militante de su movimentu natzionalitàriu e de sa limba sarda, sas pedras de no istransire in s’àndala de sa torrada a sa libertade fiant tres: sa limba, sa connoschèntzia, sa natzione sarda.

Apo semper pessadu chi a Giuanni Lilliu li diat èssere merèssidu unu logu nòdidu in su tretu de sos intelletuales de sa classe dirigente. Ca, sende chi fiat bene aposentadu in sas seas e cadreas chi contant, sende chi podiat tènnere totu s’interessu de fàghere s’aporridore de sos poderios fortes, sende chi podiat fàghere su “moderadu” e su “fill’e bagassa” (comente medas a die de oe) aiat seberadu, a unu tretu de sa vida sua, de fundare cun fortilesa de òmine de atza s’idea de una Sardigna forte, lìbera, capassa, soberana. Una Sardigna noa arraighinada in sa mente de sa gioventude. E gasi, acumprende unu programa polìticu dignu de sa mègius classe de guvernu,  de sos Nuraghes, chi fiant isciùsciu ismentigadu, nd’aiat fatu una bandera polìtica e identitària pro totu sos sardos.

E l’at fatu cun firmesa totu polìtica ischende, dae òmine de sa classe dirigente, chi pro pesare sa sorte de cust’ìsula non bastat a si chesciare, non bastas sa rebellia, non bastat  s’aguantu fitianu e sighidu contra a sos dominadores (chi issu etotu aiat teorizadu), ma tocat a fàghere a manera chi, in su cherbeddu de sos de giudu, ingendret una cultura de guvernu noa pro sa Sardigna.

Difatis, no at tentu mai dudas, finamentas in sa chistione de sa limba chi galu medas, a dies de oe, no ant cumpresu. In tempos chi si brigaiat meda mi ispricaiat, finas cun manu crispa de ghia, ma mai rebesta, chi sa chistione bera est cussa de torrare a prou una limba natzionale de unidade, non de partzire sos sardos in dialetos, in variantes o variedades, o protòtipos imbentados dae acadèmicos chi non lu faeddaiant nemancu, <Est unu bisu, cussu de torrare in sètiu sa limba nostra natzionale, una limba chi deo bido sena làcanas, sena partziduras, sena variantes, sena murallas. Unu bisu…> . E cussu est finas su bisu de su movimentu linguìsticu de como, sende chi, chie no at cumpresu s’importu e sos pìgios grivillosos de sa chistione linguìstica (e finas sa trampas de su poderiu de s’industria cunformìstica culturale), no at cumpresu sa chistione de sa Sardigna.

In medas, finas amigos meos corales, l’ant criticadu e lu crìticant pro sa teoria de s’aguantu fitianu e sighidu contra a sos dominadores, de cudda “costante resistenziale” chi àteru no est si no unu mitu fundativu de sa natzione sarda de sos tempos modernos.  E sigomente est una mitologia forte (e finas cun proas istòricas e archeològicas), comente una pedra de cantone, est finas una “narrazione” (comente si diat nàrrere a dies de oe), chi est istada controida meda dae s’intelletualidade italianista de Sardigna, mescamente dae cudda de sa Manca ex-marxista e  ex-sovietica. Ma, colende sos tempos, at a èssere semper prus craru, comente aia giai iscritu in àteras seas, chi cussa de Lilliu est una proposta de “costante esistenziale”, una dimensione de rebellia non geogràfica (campidanesos malos, barbaricinos bonos), ma ispirituale (sardos liberos, sardos non lìberos) chi galu oe est meda de atualidade. Est una metàfora, un’allegoria nazionalitària. Unu contadu de eris chi balet oe etotu. Est una paristoria, de seguru,  comente medas bi nd’at in totus sos protzessos de imbentu natzionale in totu su mundu, gasi comente Eric Hobswawn nos at insingiadu. Chie at chircadu e chircat in custa teoria, unu mundu tancadu, reatzionàriu, ratzista, de divisiones no arresonat in s’aficu e in s’apentu de una classe dirigente sarda chi punnat a su guvernu lìberu de s’ìsula. Faghet una faddina polìticu-culturale manna meda. Arresonat a s’imbesse a bisu de piessinnos de chie cheret sa Sardigna sugeta. E chie non si nde bogat sos ogros e sas ogeras deformantes de su dominadore, comente insìngiat Edward Said cun s’orientalismu europeu, non bidet mancu sa libertade sua contada e acumprida.

 

In realidade, tziu Giuanni, aiat mègius afinadu custu traballu teòricu cun unu sàgiu de sos Annos Noranta de su sèculu coladu chi diat àere meressidu prus connoschèntzia. Custu iscritu de importu mannu si narat “La costante autonomistica” chi, a banda su tìtulu chi forsis podiat èssere istadu mègius e prus agiornadu, bogat a campu un’idea polìtica chi est cussa chi, in ogni tempus, custa natzione nostra sarda, at chircadu, cun sas fortzas chi teniat tando, de punnare a sa soberania, a s’indipendèntzia, a s’autonomia in cunforma a sas possibilidades e s’andanta de sos tempos.

Cando s’abbàidat s’istoria de Sardigna est fàtzile pro sos noeddos a burrare totu pessende de èssere nois sos prus abbistos e sos prus galanos chi amus cumpresu totu e chi amus torradu a fundare sos intritzos de s’identidade natzionale. Pro tziu Giuanni no, no fiat gasi. Issu chircaiat in ogni colada de su tempus, in ogni singurtu de murrùngiu, in ogni pispisu de autonomia, in ogni rebellia cuada sos rastros sìncheros de cuddos sardos chi, mancari male, mancari petzi cun s’intùitu de su coro, si non cun sa craresa de sa mente ratzionale, mancari cunfundende galu sa tzerachia caratzada cun sa liberatzione, persighiant s’ideale de una Sardigna forte, lìbera e soberana comente cudda de sos Nuraghes.

Ca apartènnere a custu imbentu culturale desempladu chi si narat “natzione sarda” cheret nàrrere finas a s’intèndere ligados a calicuna manera cun totu cussos chi nd’at fatu parte in custos sèculos de istòria. E cun totu cuddos chi nd’ant a fàghere parte in su tempus benidore. E si deo agato, a manera ideale e reale, una trama  chi curret in totu s’istòria de custu fràigu polìticu, istòricu, de sentidos, de carre, de ideas, afòrtigo su sèberu polìticu meu. Si intames nche ruo in sa tentatzione de burrare totu comente faddidu, ca so deo su chi torrat a fundare sos piessinos de sa natzione, isporo finas sos ùrtimos singurtos de natzionalidade populare e traditzionale in nùmene de unu “ego” pessonale e susuncu. S’imparu prus mannu de Lilliu est custu, in fines: a in antis de sa pessone, s’idea chi sa pessone sarda si balet e s’amparat de prus si est in intro de custu progetu natzionale de Sardigna. Sos deretos tziviles, individuales e liberales in Sardigna sunt ligados finas a sa chistione de s’identidade. E intro de in cue agatant cumponimentu e armonia.  

Mi creo duncas chi si depat reconnòschere dae banda de totu sos sardos, de manca, de dereta, de tzentru, sa mannària de custu òmine chi, est pretzisu a pònnere in discussione e in dibata comente a ogni òmine, ma est finas pretzisu a onorare comente Babbai de custa pàtria galu in chirca de resones chi est cussa nostra sarda. Finas pro custu nde so istadu cuntentu meda de bìdere a s’interru in Barùmini sa fara de sa Regione Autònoma de Sardigna, de sa cale mi onoro de èssere dirigente pro tempore e de traballare pro sa limba sarda, ca cheret nàrrere chi s’istitutzione (a sa cale torro gràtzias) at reconnotu sa balia de s’òmine e de sas chistiones postas de s’òmine. E nde so istadu cuntentu mannu de cudda bandera chi at afranzadu su baullu de su mortu comente in unu imprassu simbòlicu.

Mancari chi sos sardos finas in polìtica e finas a livellu istitutzionale diant dèpere resèssere a èssere unidos pro s’aficu a sa natzione, sena abaidare a partes polìtica o a brigas de pagu contu. Su mundu de oe, mannu e orrorosu comente naraiat Ninu Gramsci, nos at a annuddare e arrasare si non nos amus a unire. Sighende in custos rastros de sabiesa istitutzionale, deo mi creo, s’at a acumprire calesisiat progetu polìticu chi de cosas finas minores, nde fatzant unu resurtu mannu.

Gasi comente a tziu Giuanni chi est resessidu a divènnere un’òmine mannu mannu, sende chi pariat minore.

 

Pepe Coròngiu

February 28, 2012

Acuntentai-si

Seu trabballendi a su libbru….

February 27, 2012

Red lights district

February 27, 2012

Amsterdam

“L’identità linguistica è soprattutto una questione politica e le lingue sono stendardi di adesione a un gruppo”

February 27, 2012

Campadania

“E così pure, è la mancanza di volontà di comunicare o la non disponibilità di mezzi atti a farlo che spiana la strada alla sensazione che esistano barriere linguistiche insuperabili contro cui lottare.”://cvc.cervantes.es/literatura/cauce/pdf/cauce24/cauce24_03.pdf

February 26, 2012

A proposito dei toponimi barbarici di Wolf

Leggetevi quello che dice Pittau del lavoro del suo amico Wolf sui toponimi “protosardi” della Barbagia: http://www.pittau.it/Sardo/wolf2.html

Fra l’altro Wolf è arrivato alla straordinaria conclusione che il 33% di toponimi  “protosardi” presenti nella Barbagia di Ollolai–accertati da lui stesso, come dice Pittau–è la più alta percentuale di toponimi prelatini dell’area romanza.

Wolf ha fatto la sua ricerca–che Pittau critica in modo serio–in 9 paesi della Barbagia.

Immediatamente sorge la domanda: chi ha fatto la ricerca in tutte le migliaia di altri paesi dell’area romanza?

Su cosa basa Wolf la sua affermazione rispetto alla “più alta percentuale di toponimi prelatini” dell’area romanza, oltre alla sua ricerca personale in Barbagia?

Da chi e con quali criteri sono state stabilite le etimologie dei milioni di toponimi del resto dell’area romanza?

Oltretutto, Pittau dimostra in modo ben argomentato che alcune decine delle etimologie proposte da Wolf non reggono: si tratta in effetti di toponimi di origine neolatine.

E le sue etimologie tengono soltanto conto della fonetica e non anche della semantica.

Pittau fa giustamente notare che tali sequenze fonetiche possono aver avuto origine in seguito, modificando la parola originaria latina.

Come si vede, anche Wolf non fa altro che riproporre il mito della Barbagia ferma nel tempo e lo fa con argomenti molto discutibili.

Miti leggende a fiabe della Barbagia.

February 26, 2012

E un’atra cositedda po Ugas

Giuanni Ugas, in s’articulu cosa sua in su blog de ZF Pintore narat puru: “Prima de tottu, i nominis de is logus de su sostratu preromanus chi funti abarraus in Brabaxa e accanta e non in attrus logus. ”

Custu est un’argumentu chi non apoddat a nisciunu logu.

Siat chi Ugas bollat nai ca in Brabaxa custus nominis de logu funt de prus de is atrus logus, siat chi bollat nai ca custus nominis s’agatant in Brabaxa, ma non in atrus logus.

Is nominis de logu chi non benint de su latinu funt de prus in Brabaxa?

E chini ddu sciri?

Wolff narat de aici, ma comenti fait a ddu sciri? Tanti non est nudda su trabballu chi iat a tocai a fai po ddu sciri!

Iat a tocai a castiai a totus is nominis de logu de totu sa Sardinnia e custu trabballu non dd’at fatu nisciunus! Sa de Wolff, insaras, est sceti una sparada ideologica, bessida dae su dogma arresintentziali: “Sa brabaxa fiat arresistenti e incontaminada, duncas ddoi depint essi prus nominis de logu pre-latinus”.

Ma Wolff, po nai, mai castiau at in sa zona de Iglesias?

Taní, Grúgua, Bindúa, Masúa, Marganai, Bellicai, Saramau, Musei, Cucuru de Tiría, Oridda, Arcu de Calagonis, Gonnesa, Bugerru, Seruci, Gorropu, ecc. ecc.

E is nominis de matixeddas e animaleddus?

So-soga; , cu-gurra, ti(n)tioni, ba-bajola, ba-balloti, lisporra, pistilloni, camingioni, soci, ecc, ecc.

E custus fueddus funt is chi m’arrigordu deu unu dominigu a mengianu…

E mancai fessint de prus in Brabaxa–ma atra genti narat ca funt de prus in Ollastra–ita iat a bolli nai? Ca is sa zona de Iglesias ddoi fiat prus genti–genti sarda–e ca ddoi funt stetius prus cambiamentus socialis e duncas linguisticus puru. Insomma, sa diferentzia eterna intra de sa citadi e su monti.

Prus interessanti est su fatu ca unu fueddu che Gorropu, Carropu, Garropu ecc., dd’agatas in cabu de jossu–fintzas in Sestu–e ca arribbat fintzas a Orgosolo, ma in cabu de sussu non nc’est.

Mentris su fueddu “tiría” dd’agatas in totu sa Sardinnia.

E aici e totu su fueddu “ti(n)tioni”.

Insomma, Ugas puru fait su propriu sballiu chi sa curtura “sarda” at fatu fintzas a immoi: a castiai sceti a is cosas diferentis, mai a is cosas ugualis.

Est sa curtura de sa pratzidura de sa Sardinnia in duus.

Ugas est trabballendi po ndi essiri de custa mentalidadi, ma ancora tenit tretu de fai.

February 25, 2012

Torrendi torra sceda a Giuanni Ugas

Giuanni Ugas m’at torrau sceda in su blog de ZF Pintore: In contu de s’arresistentzia de is Sardus e de sa lingua sarda de impreai

E mi tocat a nai ca seu prexau meda de custa discussioni portada a innantis in logus diferentis intra de personis ca non si funt mai bias, ma ca s’arrispetant e circant de si cumprendi a pari.

E sigumenti tanti ddu scieis ca su certadori seu deu, mi tocat puru a nai ca su meritu de custa manera carma e  educada de arrexonai est prus de Ugas chi non su miu.

Nau custu, aciungiu deretu ca Ugas non arrespundit a is cosas chi nd’apu pesau deu e ca mi ponit in buca cosas chi deu non apu nau.

Deu non nau ca diferentzias intra de is Sardus non nci ndi funt. Deu nau ca custas difentziuas funt piticas e de pagu importu.

Deu non nau ca is Sardus tenint un’origini Arromana. Deu nau ca  totus is Sardus fueddant sa propriu lingua, cun sa propriu grammatica fintzas in is detallius prus piticus e ca custas linguas cambiant sceti in su lessicu (po nai, is fueddus chi cambiant in totu in su sardu de Sestu e in su de Orani, funt sceti su 10%. Is atras funt diferentzias de pronuntzia) e in sa pronuntzia (e a cambiai sa pronuntzia nci bolit pagu, ca is linguas funt sempri acanta de cambiai).
Apu nau puru ca su “latinu” de aundi nd’est bessiu su sardu chi connosceus immoi, depiat essi una lingua creola.

E custu bolit nai, ca su latinu dd’at imparau e cambiau genti chi fueddát un’atra lingua.

Su chi bolit spiegada est custa omogenidadi impressionanti de sa grammatica de su sardu: s’acusativu prepositzionali (“Apu biu a Giuanni”), s’infiniu cun su sugetu (“Non bollu a si sbati sa porta”), s’antecipatzioni de su fueddu focalizau (“Pani bollu”), s’impreu progressivu de su gerundiu (“Apu biu a Giuanni camminendi), su futuru e su conditzionali analiticus (“Apu a andai/Emu a andai”), totu su sistema de s’aspetu verbali (“Est papendi pani: in custu momentu, ma “papat pani” = est acostumau a papai pani), ecc. ecc.

Custas cosas dd’as agatas in totu is bariedadis de su sardu e, foras de s’acusativu prepositzionali, ca ddoi est in su spanniolu puru, sceti in su sardu.

Po unu linguista custa est un’evidentzia macroscopica.

Cust’evidentzia ti portat a concludi ca sa latinizatzioni de sa Sardinnia est stetia omogenea meda, siat po su chi pertocat su tempus, sia po su pertocat sa lingua chi est intrada in cuntatu cun su latinu: sa lingua originaria de is Sardus.

Bastat a pigai in contu is diferentzias intra de s’italianu chi fueddant in Napoli e s’Italiano Regionale di Sardegna po cumprendi cantu benit mali a crei ca is Sardus, innantis de imparai su latinu, fueddessint linguas diferentis.

Emus a depi agatai arrastus de custas diferentzias in sa grammatica e custus arrastus non ddoi funt.

Si is Sardus chi si funt arribellaus–ma is bardanas funt un’atra cosa! E non ddu nau deu, ma Pira, Cagnetta, ecc.–ancora non fueddánt su latinu-sardu de is pranus, ma dd’ant imparau de is pagus cuntatus commercialis chi teniant, cust’omogenidadi non fait a dda spiegai.

Giuanni miu stimau, tui ses archeologu, ma deu seu linguista.

Deu potzu presentai cust’evidentzia crara e chi donniunu podit cuntrollai, e tui mi proponis interpretatzionis de atras interpretatzionis.

Tui fueddas–che a Lilliu e totu–de sa “costante resistenziale” che “categoria dello spirito”, ma deu innoi non ti potzu sighiri, ca sa machinedda po mesurai su spiritu non dda tengu e ni-mancu tui.

Cun custu tui ti ponis in foras de sa scientzia.

Custu non bolit ancora nai ca tui non potzas tenni arrexoni–sa scientzia non arrenescit a spiegai totu–ma sceti ca su chi naras non si podit cuntrollai.

Insomma. sa tua est una chistioni de fidi e deu fintzas a innias non nci arribbu.

February 24, 2012

Una notte, buia e tempestosa, in un castello della Gabillonia

Il Mastino Napolitano camminava sugli spalti del suo castello e bofonchiava soddisfatto: “E sventolando il proprio portafojo, lui la convinse al biascico e all’ingo-o-o-o-jo!”

Il Mastino è un uomo colto e poteva permettersi di parafrasare De Andrè che parafrasava la sua “Canzone di Marinella”.

E poi continuò a bofonchiare: “Dal castello-o-o de-e-l silenzio-o-o Egli vede anche te…”

Adesso era meno soddisfatto: infatti non era riuscito a far tacere i Sardi che l’avevano contestato e che gli avevano dato del buffone.

Per questo aveva chiamato la Vampira e Kerki, ” l’Uomo-che-conosce-il-cuore-degli-uomini.”

I Sardi non gli obbedivano più

“Usi obbedir tacendo”: era sempre stato così.

E invece adesso lo prendevano a pireddus e gli dicevano: “Vecchio scemo, vai a cagare! Prrrrrr!”

Ma come, proprio a Sassari, la capitale della Gabillonia, che ha dato alla Nazione i due presidenti più fuori di testa della sua storia, non si rispetta più l’Italia?

Adesso non vogliono più i corsi di flora vegetale sarda in italiano e non vogliono neanche più sventolare le bandierine tricolori dei loro affamatori.

Adesso danno dell’imbroglione al Mastino e del buffone al Napolitano, che gli crea pure una crisi di identità al Mastino Napolitano.

Già gli era andata male con Gheddafi: quello stronzo si è fatto ammazzare prima che potessero dargli la laurea Onoris Causa: addio petrodollari, cammelli e odalische. Sono rimasti solo gli scorpioni…

Adesso, invece, Napolitano ci casca e i Sardi lo spireddano a manetta, anche se poi è piuttosto il caso di dire che non l’ha cagato quasi nessuno.

Due figure di merda colossali in così poco tempo.

Bisogna fargliela pagare a questi Sardacci.

A mali estremi estremi rimedi.

Saranno la Vampira transilvana e il Re di Cuori a fargliela pagare.

Dimostreranno che i Sardi non esistono, dato che ciascun Sardo è diviso in un Gabillu e in un Maurreddinu, così come egli stesso è diviso in un Mastino e in un Napolitano.

A questo punto è arrivato il Lupinu Mannaru a distoglierlo dai suoi pensieri.

–È arrivato Pedro el Perro de Cerdegna.

I tre canidi, quando si ritrovarono assieme, ulularono a lungo, per stabilire chi fosse il Maschio Alfa, ma alla fine il Mastino e il Perro mostrarono il ventre al Lupinu Mannaro.

–Mia sorella è giudice, e se non vi sottomettete vi faccio condannare a parlare e scrivere in sardo in pubblico!

–Allora dicci qual’è il tuo piano.

–La Vampira, mentre Kerki parla di fono-cardiologia, va in giro a mordere il pubblico nel collo. Nel giro di pochi istanti tutti gli astanti saranno agli stenti. Abili e tonti, saranno in tanti a procedere a tentoni–affanculo, la rima non mi esce. Dopo di che, tutti parleranno tricolore e non romperanno più i coglioni!

–Geniale, capo!

I tre canidi ripresero a ululare alle lune della Gabillonia e della Campadania.

Ma le cose non andarono così lisce.

Arrivati al giorno fatale, mentre gli spettatori ignari pensavano di assistere alla lap dance di Kerki, Marinella di Transilvania andava in giro sorridendo e abbeverandosi alla giugulare dei presenti–che immediatamente scordavano qualsiasi parola di sardo–ma Kerki Man si ricordò improvvisamente di essere un cardiologo, e non un linguista-blaschista, e di aver pronunciato il giuramento di Ippocrita.

No, ~ua minca ‘e mobenti, Vampira Transilvana, tui depis mussiai sceti a is Gabillus e a is Sardus-Sardus ddus depis lassai stai!

Marinella rise sguaiatamente, mentre il sangue le colava dai lati della bocca.

–Toca tontu! E ita ti creist, ca tocát sceti a issus? Totu si depeis furriai a Italiotas!

Kerki Man non era del tutto stupido e all’ospedale di Carbonia si era procurato un paletto di frassino di quelli in dotazione al pronto soccorso per sedare i disoccupati in crisi di astinenza da cibo. Tenendo il paletto appuntito con entrambe le mani corse verso Marinella e le trafisse il cuore.

–Dd’apu a sciri aundi est!

Marinella, anziché in un pipistrello, si trasformò in una farfallina leggera leggera ne volò via.

Nessuno sentì mai più niente di lei.

Il Lupinu Mannaro e il Mastino Napolitano a questo punto capirono che il loro piano era fallito e invitando i neo-vampiri a partecipare al banchetto, si buttarono su Kerki Man e lo divorarono.

E tutti vissero felici e contenti.