“La scuola come patrimonio inscindibile dei luoghi in cui è inserita, strumento insostituibile per il riconoscimento della loro identità. Questo legame, oltre a prestarsi a una valorizzazione intelligente del bilinguismo in chiave di sviluppo cognitivo, esige interventi strutturali volti a radicare la scuola nel suo territorio, a incorporarla con esso fino a farla diventare sua parte integrante, facendo in modo che il territorio assicuri alla scuola qualità degli spazi, funzionalità e sicurezza e la scuola, a sua volta, dia al territorio la chiave per la comprensione del tempo in cui viviamo e gli fornisca le competenze e le energie di cui ha bisogno per il suo sviluppo. Dal territorio questa integrazione si deve estendere alla comunità che lo abita, che deve diventare comunità educante, sostenendo sia l’attività degli insegnanti, sia la funzione educativa delle famiglie e interagendo con tutti coloro che nel quartieri delle città e nei paesi rappresentano un presidio sociale e intercettano le persone in crescita. Da questa integrazione scuola-territorio-comunità possono e devono scaturire politiche autocentrate di sviluppo e la capacità di valorizzare il lavoro attraverso l’integrazione di saperi taciti (le tradizioni orali degli anziani, patrimonio prezioso della Sardegna) e saperi codificati dei giovani maggiormente scolarizzati.”
Tagliagambe ha pubblicato quest’articolo alcuni giorni fa, e dice anche “Francesco Pigliaru, ha iniziato nel modo giusto il suo cammino di candidato alla Presidenza della Regione dicendo che l’istruzione è il problema centrale della Sardegna e che l’autentica politica industriale da perseguire e sviluppare è il recupero della dispersione.”
Peccato che Pigliaru, ieri, durante la presentazione del suo programma, sia riuscito a non dire una parola sul bilinguismo e il suo rapporto con l’istruzione e–ma neanche Tagliagambe lo fa–chiedersi quale sia il rapporto tra situazione linguistica in Sardegna e dispersione scolastica: doppia rispetto alla media europea e costantemente ai primi posti tra le regioni dello stato italiano.
Esiste uno specifico problema sardo dell’istruzione: Pigliaru pensa a costruire edifici scolastici nuovi, anziché chiedersi se è vero che i ragazzi sardi parlino tutti, veramente, l’italiano che la scuola pretende da loro. Neanche una parola sulla necessità di capire cosa rende–questa volta sì–la Sardegna così speciale, speciale come le altre regioni in cui vivono minoranze linguistiche. La curiosità di Pigliaru si ferma lì.