Emendamenti alla LIMBA SARDA COMUNA (1)

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La lingua sarda si trova intrappolata in un circolo vizioso. Il sardo, per ovvi motivi, non ha una tradizione come lingua standard—quel ruolo, come strumento della comunicazione sovralocale e ufficiale è stato assunto dall’italiano (regionale)—e proprio questo motivo ha comportato l’identificazione della lingua con il proprio dialetto locale. Affrontare il problema della standardizzazione del sardo significa allora affrontare il problema del rapporto dei Sardi con la loro lingua. Come ho scritto nel mio libro Le identità linguistiche dei Sardi, il sardo è diventato la lingua dei rapporti amicali, all’interno del “gruppo dei pari”, lingua dell’informalità e della solidarietà. Nella situazione di diglossia in cui il sardo si è trovato per secoli, è stata proprio questa funzione a permettergli di sopravvivere, anche adesso che i genitori hanno praticamente smesso di usare il sardo con i loro figli. I ragazzi sardi, ormai, apprendono la lingua nel gruppo dei coetanei. Privare il sardo di questa funzione affettiva e altamente emotiva significa condannarlo a essere rifiutato. Il rifiuto fortemente emotivo della LSC nel meridione dell’isola proviene proprio dal legame affettivo che i Sardi hanno con il proprio dialetto locale. Rinunciare allo standard allora? Neanche per sogno, se la standardizzazione viene limitata alla scrittura e se la normalizzazione dello scritto viene accompagnata da chiare regole di pronuncia, che permettano di passare dallo scritto al proprio dialetto locale. Il fallimento dell’introduzione strisciante della LSC come standard deriva proprio dal fatto che la LSC—in origine concepita per essere una vera e propria “lingua”, con tanto di pronuncia standard—nel momento in cui si è cominciato a dichiarare che si trattava soltanto di un’ortografia, non è stata accompagnata dalle necessarie regole di pronuncia. Ma c’è da aggiungere anche che, dato che la LSC non è stata concepita per permettere diverse pronunce, occorre anche introdurre alcuni emendamenti per rendere chiaro ed esplicito il passaggio dallo scritto alla pronuncia. Inutile, forse, ricordare che, senza il consenso della maggioranza dei Sardi, qualsiasi tentativo di standardizzazione si rivela velleitario: i fallimenti della LSU e della LSC nella sua concezione iniziale sono lì a dimostrarcelo. La LSC va allora emendata e accompagnata da chiare regole di pronuncia che valgano per ampi gruppi di dialetti locali. Del resto, ormai è evidente a tutti che una standardizzazione della pronuncia non solo sarebbe superlua–i Sardi si capiscono già benissimo–ma addirittura dannosa. Perfino il più assatanato fautore dell’uniformità linguistica—nel suo idioletto, è ovvio—si è dovuto arrendere all’evidenza, anche se, per non smentirsi, continua a opporsi a qualsiasi miglioramento della LSC, anzi trama per renderla ancora più estranea ai parlanti meridionali. Chi oggi ancora si oppone a questa operazione di salvataggio dell’idea stessa di un sardo unitario va quindi considerato un nemico oggettivo della lingua ed emarginato. Propongo in questo post gli emendamenti da apportare all’alfabeto del sardo unitario. In un post seguente proporrò gli altri emendamenti.   ALFABETO

grafema
  1. IPA
annotazioni e esempi
a [a] Come in italiano e spagnolo
  b, bb   [B],[b] In posizione iniziale:es. bentuboebinu
[B] In posizione intervocalica:es. sabanabuabecabu
[b] In posizione intervocalica: babbu, acabbare
ca,  co,  cu [k]
  1. canecoa ,cuddu,
che,  chi [k]/[tS] chenachida: il nesso chè [k] nei dialetti centro-settentionali e [tS] in quelli meridionali.
d [d] Inposizione iniziale: es.dente,domo,die
d [δ] In posizioneintervocalica: seda, meda, ladu
dd []
  1. sedda,ddi,ddis,ddu,dda,ddos,ddas
e [ɛ],  [e] Non si segna la differenza vocale aperta/chiusa, ma la E finale di parola si pronuncia [i] nei dialetti meridionali.
f [f]
  1. fèmina,unfrare
ga,  go,  gu, [ɣ],  [g] Inposizioneiniziale,inposizioneintervocalica,frar,neunavocaleodavantiallalateralel: —  è davantiallevocali ,o(es.gana,gosu,agu,largu,argumentu,longu,àngulu,glòria,inglesu)
ghi, ghe   —  –è gh (plosiva velare sonora: [g]) davantiallevocali  i,  e, nei dialetti centro-settentrionali, ma [dʒ] (affricata palatale sonora) nei dialetti meridionali:  arghentu,arghentare,pranghende,inghiriare)
gue, gui [ɣ],  [g] —  È la plosiva o fricativa velare sonora, davanti a i/e in quelle parole in cui questi suoni sono condivisi da tutti i dialetti: es. guerrare, pagueddeddu, guiare
gia,  ge,  gi,   gio,giu [dʒ] Inposizioneinizialeeinterna:es.giàganu,giogu, Inposizionepostconsonantica:bìngia,angione,còrgiu,bàrgia
i [i] Comeinitalianoespagnolo
j [j] Soloinposizioneinterna:es.maju,operaju Inposizioneinizialesoloinnomipropri,es.Jugoslàvia
l,  ll [l]
  1. cala/calla
m,mm [m]
  1. domo,ammentu
n,  nn [n]
  1. cana/canna
nd [nd]
  1. ando,cando
o [ɔ],  [o] Non si segna la differenza vocaleaperta/chiusa, ma la O finale di parola si pronuncia [u] nei dialetti meridionali.
p [p]
  1. apo,tropu
r,  rr [ɾ],  [r]
  1. caru/carru
qui, que/ki, ke [k] È la plosiva velare sorda [k], davanti a i/e in quelle parole che sono condivise da tutti i dialetti: es quistione (o kistione), que (o ke). Entrambe le soluzioni dovrebbero essere sperimentate per vedere quale viene preferita
s,  ss [z],  [s]
  1. pesare/essire
t [t]
  1. gatu,fatu
u [u] Come in italiano e spagnolo
v [v] Inposizione  iniziale  ointervocalica,  soprattutto  in  cultismi:  es.  violèntzia,  violinu,avisu
z [dz] Inposizioneinizialeointerna,soprattuttoincultismietermini:es.zeru,organizare,ecc.
tz [ts] In posizioneinizialee interna:es.tziu,petza,putzu
x [ɣ]/[ʒ] —  In posizione interna, intervocalica è la fricativa velare [ɣ] nei dialetti centrosettentrionali e la fricativa palatale [ʒ] nei dialetti meridionali: es.  àxina,  luxe,  axedu,

Le vocali medie (e, o) in fine di parola

1 2 3 4
Pronuncia centrosettentrionale Pronuncia meridionale normascrittaLimbaSardaComuna
  -E [ominɛ] [omini] òmine
    -O [kando]/ [kaøêo]  [kandu] cando

6 Comments to “Emendamenti alla LIMBA SARDA COMUNA (1)”

  1. Ottima idea quella di rendere pubblici gli emendamenti. Personalmente, a primo impatto, ho dei dubbi sull’ accettazione dell’ iberismo ‘gue’ – gui-, per quanto la storia abbia già ampiamente dimostrato la sua funzionalità.

    Se posso permettermi un suggerimento, senza avere la pretesa che si tratti della soluzione migliore, utilizzerei il nesso -GHJ- per risolvere il dilemma ”plosiva velare sonora” versus ”affricata palatale sonora”, lasciando libero il nesso -GH- per ciò che concerne le parole con uguale pronuncia. Non è un nesso che ho partorito da solo, sia chiaro, ma fa parte della tradizione ortografica gallurese, cosa che non sottovaluterei, e ha il pregio di risparmiare ai parlanti meridionali la modifica del criterio di lettura italiano per quanto riguarda il nesso -GH- . Just my two cents, of course.

  2. Po cumprendi mellus: cumenti s’iat a depi scriri “sciri” – “ischire”?
    A ita serbit sa j? Po is “iatus”?

  3. Salude, mi est ènnida una duda…
    Si iscrio una peràula ke a “fàguer” (mancari in d’unu istandard ideale no diat esser gasi su verbu, ma est zustu pro nos cumprender), s’atzentu in sa “a” ddu depo ponner o nono? Ca puite est sa tertzùltima vocale ma a su matessi tempus “ue” si lezet ke a una lìtera ibia…

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