Ama il prossimo tuo!

1296

“In tutti i vangeli sinottici è presente il duplice comandamento dell’amore, che ha la particolarità di unire l’amore di Dio e l’amore verso il prossimo[5][6]. L’insegnamento, che riprende in una sintesi originale alcuni passi dell’Antico Testamento[7], semplifica i numerosi precetti che regolavano la vita religiosa del tempo indicando una linea essenziale di condotta per i seguaci di Gesù[8][9]. È noto anche come il “massimo comandamento”[10] o “il comandamento più grande”[8].

Versione di Matteo

Nella versione di Matteo, il comandamento viene dato da Gesù come risposta ad una domanda, posta da un dottore della legge, su quale sia il comandamento più grande.

« Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti »   (Matteo 22,37-40)

Versione di Marco

Molto simile è il testo del vangelo di Marco, che presenta alcune differenze di espressione:

« Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi.» »   (Marco 12,29-31)

Versione di Luca

Nella versione proposta da Luca, dove viene posta in evidenza anche la continuità con l’Antico Testamento, il dialogo tra Gesù e un dottore della legge introduce la parabola del buon samaritano:

«  Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». »   (Luca 10,25-28)

Sono anticlericale dall’età di 14 anni e poco dopo ho smesso di essere cristiano.

Non nutro particolari antipatie per il cristianesimo, almeno non quante ne nutro per il cattolicesimo.

Non ho problemi, allora, a riconoscere che il  concetto centrale che definisce il mio “‘essere di sinistra” sia preso di peso dai vangeli.

Questo per via del fatto che i vangeli si sono impossessati di questo concetto saggio e universale, che Luca fa risalire all’antico testamento.

La cosa strana è che nella tradizione cattolica–quella in cui sono cresciuto–e nella tradizione della sinistra–quella in cui sono diventato adulto–l’accento sia sempre stato posto sulla prima frase, trasformando oltretutto l’indicativo futuro in un imperativo: AMA IL PROSSIMO TUO!

La seconda parte–quella in cui è contenuta tutta la saggezza universale, quella che supera il sentimentalismo della sinistra e le menzogne dei preti–sparisce dalla vulgata: …come te stesso.

Semplice no?

Soltanto se ami e rispetti te tesso puoi amare e rispettare gli altri.

Sto spiegando alla sesta–in Olanda il liceo continua fino alla sesta–il mito di Narciso.

Vi giuro che è una coincidenza e non un trucco retorico.

Narciso non poteva amare nessuno perché non conosceva se stesso: non conoscendosi non poteva amarsi e, quindi, non poteva amare gli altri, il prossimo.

Come vedete il concetto è universale, ben oltre i vangeli.

Cosa aveva previsto Tiresia del destino di Narciso?

“Vivrà, Si se non noverit” (METAMORPHOSEON III: 348)

Narciso diventa capace di amare soltanto quando incontra se stesso.

L’incontro è fatale per la sua personalità già così disturbata da una vita passata ad ignorare chi fosse.

Narciso sapeva di sé soltanto quello che poteva dedurre dalle reazioni altrui.

E si fiat sonau sa conca.

Ecco perchè il suo ΓΝΩΘΙΣΑΥΤΟΝ gli è fatale.

Era un tronco, ma anche tonto come un tronco di legna.

L’ecofobia della “sinistra” sardignola–ma il fenomeno è molto più generale: https://bolognesu.wordpress.com/2013/09/15/contras-a-secofobia-sa-timoria-de-is-europeos-studiados-pro-sa-cosa-issoro/;  https://bolognesu.wordpress.com/2013/09/15/contras-a-secofobia-sa-timoria-de-is-europeos-studiados-pro-sa-cosa-issoro-2/;  https://bolognesu.wordpress.com/2013/09/15/contras-a-secofobia-sa-timoria-de-is-europeos-studiados-pro-sa-cosa-issoro-3-urtimu/–nasce dalla coscienza di non conoscersi, ma anche dalla coscienza di essere tonti.

Tonti rispetto ai modelli che si sono dati e che sono irraggiungibili proprio per il fatto che, se venissero raggiunti, cesserebbero di essere dei modelli per i sardignoli e gli altri provinciali.

Si accontentano di essere secondi a Roma, anziché primi a Pompu:  “Preferirei essere il primo tra costoro [un modesto villaggio barbarico] piuttosto che il secondo a Roma. (citato in Plutarco, Vita di Cesare, 11, 4)”

E allora hanno ragione a non volersi conoscere: scoprirebbero di essere dei “tronchi” e si innamorerebbero perdutamente di se stessi.

Annegherebbero, come i cagnolini bastardi dei miei tempi, nella propria immagine.

Il cattolicesimo–e la sinistra–ha paura, terrore, del narcisismo.

Quella forza selvaggia che ti impedisce di diventare–nel bene e nel male–“uno del gruppo”, “uno dei nostri”, “uno su cui si può fare affidamento”.

Si, proprio come Corraine!

Gli intellettuali sardignoli hanno tutti Corraine come modello da evitare.

Non è lui il loro paradigma del Sardo impegnato per la lingua?

Lo fanno parlare per poterlo attaccare.

“La vestale della LSC!”

“Quello che vuole ridurre tutta la ricchezza linguistica della Sardegna a un monolinguismo di plastica, burocratico e, soprattutto, in cui lui decide quello che è giusto e quello che è sbagliato!”

Corraine, Narciso, che annega in quell’immagine rispecchiata da quell’acqua in cui–lui per primo, l’unico–si rispecchia.

Ma il conoscersi, il volersi bene, non è la condizione patologica di Narciso.

La patologia di Narciso deriva proprio dal non conoscersi e quindi dal non volersi bene.

Il conoscersi, il volersi bene, è la condizione sine qua non per poter far parte di una comunità più ampia.

Comunità, non chiesa, non struttura gerarchica, di potere.

Ecco il perché le chiese–tutte le chiese–parlano di ‘”Ama il prossimo tuo!” e non dell’evangelico/universale “Amerai il prossimo tuo come te stesso.”

Conoscersi, volersi bene, essere Sardi, prima di essere “cittadini del mondo”, prima e come condizione indispensabile per poter amare gli altri, gli immigrati, gli altri poveri bastardi come noi, gli altri  in tutto il mondo offesi e umiliati dai figli di puttana di destra e sedicenti di sinistra, preti e funzionari di partito, banchieri e linguisti, politici e bottegai, mamme sceme e bottegai con la Mercedes.

Essere prima di tutto Sardi, perché questo è quello che siamo, senza averlo scelto e senza poterci far niente, se non l’esserlo nel migliore dei modi possibili.

Grazie a Vito Biolchini per l’ispirazione.

http://www.vitobiolchini.it/2013/12/08/prima-la-cultura-prima-il-bilinguismo-per-una-nuova-classe-dirigente-per-una-sardegna-sovrana/

Leave a comment